Infrastrutture e cambiamenti climatici, i punti salienti del documento MIMS: ne parlano Martini (AIS) e Tanelli
Con il rapporto dedicato a “Cambiamenti climatici, infrastrutture e mobilità” il MIMS ha messo a disposizione non solo un utile strumento di analisi su come approcciare un tema centrale, strettamente collegato anche al raggiungimento degli obiettivi del PNRR, ma anche ha fornito preziose indicazioni di indirizzo e metodologiche.
In particolare, nel capitolo 5, dedicato a “Tecnologie, disegno e riorganizzazione delle infrastrutture e della mobilità per la resilienza e l’adattamento ai cambiamenti climatici” è possibile trovare una molteplicità di spunti e di indicazioni per i diversi stakeholder. Per capire come un documento così articolato e ricco di informazioni possa essere preso a riferimento e aiutare chi oggi si trova ad operare sul mercato delle infrastrutture prevalentemente di mobilità, riportiamo il colloquio tra il direttore di AIS, l’Associazione italiana per le infrastrutture sostenibili, Alfredo Martini e la professoressa Mara Tanelli docente di Automatica (ed esperta di progetto di sistemi di controllo in ambito Automotive e di Smart Mobility) al Politecnico di Milano che ha collaborato al rapporto e ne ha coordinato il capitolo 5.
Tanelli: Il rapporto della Commissione Carraro, a cui ho contribuito soprattutto relativamente al tema dell’adattamento e della resilienza ai cambiamenti climatici delle infrastrutture, nasce da una richiesta specifica del ministro Giovannini di cercare di dare delle risposte concrete a due esigenze in particolare. La prima di non nascondere la complessità del tema, ma non per spaventare, bensì per invitare a “gettare il cuore oltre l’ostacolo”. La seconda per fornire un quadro organico e sistematico di tutti gli elementi che si debbono considerare per affrontarlo. Come si comprende immediatamente si tratta di due aspetti strettamente collegati tra loro.
E’ stato fatto un grande lavoro relativamente alla letteratura scientifica e divulgativa esistente in materia di infrastrutture e cambiamento climatico, coinvolgendo competenze molto diverse, non soltanto di tipo tecnico o ingegneristico, ma anche relative ai temi sociali ed economici, e prettamente ambientali. Penso ad esempio all’importanza degli impatti che le infrastrutture hanno sulla natura o sul paesaggio. Da qui l’ineluttabile necessità di approfondire, ma anche di individuare ed evidenziare le interconnessioni esistenti tra i diversi aspetti e tra le diverse problematiche.
Un elemento che ha riguardato anche la stesura dei diversi capitoli e che ha richiesto una grande attenzione ai dettagli. Ed è così che alla fine il volume rispecchia ampiamente proprio quella complessità che non solo non va negata ma che deve costituire un prezioso riferimento per prendere le decisioni giuste e ancora di più per operare in forte sinergia, sia a livello di Governo e delle istituzioni, che a quello della filiera e del mercato.
Martini: Mi sembra di capire che, per dare valore e significato al grande lavoro svolto, diventa ora essenziale aprire una nuova fase, che non può che essere a livello interministeriale, attivando momenti di dialogo e di confronto anche strutturati su singole tematiche. Egualmente, affinché quanto contenuto nel rapporto finisca per essere condiviso dal mercato diventa necessario trovare delle modalità per confrontarsi con la filiera degli stakeholders, così da favorire un percorso comune.
Penso a iniziative che aiutino sia a condividere un linguaggio e una cultura rispetto alla complessità del fenomeno del cambiamento climatico, così come rispetto agli strumenti e alle “cose da fare”. Un passaggio quanto mai utile per favorire disposizioni e linee guida, ma anche norme che siano comprese e ritenute utili ed efficaci fin dalla fase di impostazione.
Su questo credo che AIS possa sicuramente offrire un contributo proprio per le sue caratteristiche di associazione tecnica e culturale, fondata sulla metodologia della condivisione tra le eccellenze imprenditoriali della filiera impegnata sul fronte della sostenibilità delle infrastrutture. Penso ad esempio all’importanza di mettere al centro il concetto di “climate proofing” delle diverse infrastrutture, in un’ottica di “transformative resilience” rispetto al cambiamento climatico, che mi sembra costituisca uno dei principali pilastri dell’approccio da voi proposto.
Tanelli: Alla base del “climate proofing” vi è la constatazione che quando si parla di cambiamento climatico si intende qualcosa di dinamico, in divenire. E quindi quando si approccia un progetto infrastrutturale è necessario non solo fare delle valutazioni ex ante, bensì continuare a valutarne l’evoluzione nel corso del tempo e durante l’attuazione del progetto stesso.
Non solo, è anche necessario che queste valutazioni vengano proiettate sul futuro. Inoltre, poiché tutto è interconnesso, ecco che allora dobbiamo anche considerare i cambiamenti rispetto al contesto in cui l’opera viene progettata e costruita. Così come è molto importante che la valutazione dei rischi di questo tipo venga analizzata e messa in relazione anche alla durata del processo. Ovvero che si consideri e ci si confronti con una “transformative resilience”.
Pensiamo a quelli che sono i tempi medi nel nostro Paese dal momento in cui si pianifica una infrastruttura a quando viene messa a disposizione degli utenti, cinque, dieci, venti anni. E’ un invito a dotarsi di una capacità predittiva, a non fermarsi al momento in cui il finanziamento è stato deciso, nel caso di un’opera pubblica, bensì a valutarne l’evoluzione. Con un approccio di questo tipo intendiamo indicare come si dovrebbero affrontare i progetti di adattamento e resilienza.
Con il rapporto abbiamo anche voluto evidenziare come non esista una infrastruttura a se stante, essendo connesse tra di loro e interconnesse con il digitale, le filiere industriali, la ripercussione sull’ambiente naturale e sulla società. Abbiamo insistito molto sull’importanza di una logica sistemica rispetto alle infrastrutture. Ma per legare tutti questi aspetti diventa essenziale disporre di una ulteriore “infrastruttura” centralizzata di monitoraggio, collegata a dati consistenti e acquisiti con continuità, sulla base dei quali costruire poi degli indicatori oggettivi e misurabili. Un qualcosa che ancora non esiste, tutta da progettare e che, seppure sia un obiettivo portato avanti dal MIMS, ha bisogno di sforzi interministeriali per concretizzarsi.
Martini: Questa questione della misurabilità costituisce un nodo fondamentale. Come AIS l’abbiamo messa al centro delle nostre considerazioni su come raggiungere gli obiettivi del PNRR.
Crediamo, infatti, che solo riuscendo a farlo attraverso indicatori condivisi e oggettivi sia possibile rispondere adeguatamente e in modo trasparente alle richieste dell’Unione europea, riuscendo a quantificare i risultati attesi. Ma per fare questo è importante poter disporre di strumenti validati e riconosciuti da tutti, come i protocolli di sostenibilità. Ciò vale sia rispetto a un edificio che per una infrastruttura. Alcune esperienze fatte da importanti stazioni appaltanti come RFI, ad esempio sulla Napoli Bari, hanno contribuito a rendere più rispondente l’opera alle esigenze delle comunità locali e allo stesso tempo evidenziato il raggiungimento degli obiettivi secondo parametri chiari.
Del resto l’evoluzione in materia di indirizzi e di regolamenti da parte dell’Unione europea appare sempre più orientata in questa direzione. Penso al regolamento sulla “tassonomia” e sugli obiettivi legati al concetto di DNSH (non creazione del danno), che proprio per quanto riguarda la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici ha raggiunto un livello di dettaglio anche rispetto ai singoli indicatori che vanno valutati.
Tanelli: Non c’è dubbio che disporre di un sistema di indicatori condiviso aiuti moltissimo a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale, così come diventa molto importante legarli alle valutazioni economiche. Affinché si abbia una accelerazione dei processi di attenzione e di concreto adattamento ai rischi climatici è necessario che questi aspetti diventino parte della valutazione dell’investimento. Ed è quello che sta succedendo per quanto riguarda il mondo finanziario rispetto agli indicatori ESG.
Nel capitolo 7 del rapporto abbiamo analizzato proprio gli effetti positivi di strumenti di reporting che, se oggi vengono utilizzati soprattutto sul piano della reputazione, comunque costituiscono un passaggio obbligato verso qualcosa di più “sostanziale”, attraverso il ricorso a metriche standard e a sistemi di valutazione più oggettivi.
L’analisi di materialità collegata al regolamento europeo sulla tassonomia è alla base di questi percorsi. Vorrei anche aggiungere che se guardiamo soprattutto agli ultimi regolamenti del 2021 relativi al DNSH si riscontra una maggiore attenzione agli aspetti sociali che dovrebbero essere comunque ampliati. Ciò è decisivo in quanto può contribuire a orientare gli stakeholder verso il superamento di un’analisi meramente economica di rischi, costi e benefici, a favore dell’inserimento degli altri benefit ambientali e sociali. Quello che noi chiamiamo il metodo del triplo dividendo, che diventa l’oggetto di valutazione da parte dei finanziatori.
Martini: Vorrei sottolineare due altri temi che costituiscono gli altri pilastri della nostra associazione oltre alla misurabilità della sostenibilità e alla qualificazione degli operatori in una logica ESG: la digitalizzazione e l’uso di materiali sostenibili. Aspetti che il rapporto affronta evidenziandone l’importanza. La digitalizzazione costituisce un fattore essenziale per poter affrontare adeguatamente i cambiamenti climatici con un atteggiamento resiliente. E ampie sono le sue potenzialità e gli ambiti a supporto del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità in ambito infrastrutturale.
Lei ha già accennato alla necessità di disporre di una piattaforma in cui vengano raccolti i dati informativi su progetti ed opere.
Uno strumento in grado di aiutare a gestire in maniera sistemica la politica infrastrutturale. Così come l’ampia gamma delle tecnologie e delle soluzioni digitali possono contribuire a rendere capillare il monitoraggio predittivo. Egualmente, sotto altri aspetti, penso al tema della decarbonizzazione.
Un processo di costruzione di una infrastruttura realmente sostenibile non può prescindere da una sempre più spinta selezione di prodotti e materiali sostenibili. Un tema su cui a breve come AIS intendiamo offrire un contributo concreto attraverso la proposta di una Road Map per spingere le stazioni appaltanti e la filiera a condividere strumenti e soluzioni in grado di accelerare questo processo.
Fonte: Articolo apparso su ingenio.web (14/03/2022)